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lunedì 5 ottobre 2015

RECENSIONE: "SETA", ALESSANDRO BARICCO



“.. finché alla fine ti bacerò sul cuore, perché ti voglio, morderò la pelle che batte sul tuo cuore, perché ti voglio, e con il cuore tra le mie labbra tu sarai mio, davvero, con la mia bocca nel cuore tu sarai mio, per sempre, se non mi credi apri gli occhi signore amato mio e guardami, sono io, chi potrà mai cancellare questo istante che accade, e questo mio corpo senza più seta, le tue mani che lo toccano, i tuoi occhi che lo guardano..”

Lavilladieu, 1861. Hervé Joncour, 32 anni, comprava e vendeva bachi da seta per mestiere, e quando un’epidemia aveva iniziato a far strage in tutti i mercati europei, fu costretto ad affrontare un coraggioso e sconosciuto viaggio verso il Giappone per poter mandare vanti la compravendita, viaggio che con il passare del tempo gli era diventato familiare.  Qui è accolto alla corte di Hara Kei, un uomo misterioso, sempre in compagnia di una giovane donna. Durante un incontro con quell’uomo Hervé si accorse che gli occhi della ragazza non avevano un taglio orientale “e che erano puntati con un’intensità sconcertante, su di lui.” Tra Hervé e la ragazza nasce dunque un’intensa attrazione che si evolve attraverso sguardi, parole non dette, desideri  non soddisfatti, nonostante lui ami già un’altra donna, sua moglie Hélène, che lo accoglie di ritorno dai lunghi viaggi in Giappone. Il tempo trascorre ma Hervé non sente affievolirsi la passione per la ragazza, che divampa durante uno dei suoi viaggi quando riceve da lei un biglietti con pochi ideogrammi marchiati con inchiostro nero, fatti tradurre appositamente da Madame Blanche, al primo piano, sopra il negozio di tessuti, al 12 di rue Moscat.


Durantel’ultimo viaggio Hervé trova il paese devastato dalla guerra civile, e grazie ad un ragazzino vestito di stracci riesce a raggiungere Hara Kei e la sua carovana, scampati a morte e distruzione,  e gli chiede di non fare più ritorno. Il mattino dopo trovò, appeso con una corda ad un albero, il ragazzino che lo aveva aiutato poiché rappresentava un “messaggio d’amore” e le rigide regole della società giapponese non permettevano alcuna trasgressione. Così Hervé torna in Francia, dove lo attende la moglie.
E poi di nuovo ideogrammi d’inchiostro nero, sette pagine, Madame Blanche, al primo piano, sopra il negozio di tessuti, al 12 di rue Moscat..tre anni dopo.
La voce della donna leggeva la lettera “con una voce da donna bambina” la lunga lettera dell’unica donna in Giappone con un taglio degli occhi non orientale.
Hervé ripiegò i fogli e scelse una vita di non necessità e di emozioni misurate.
Ciò che conta però non è la trama di questo breve romanzo d’amore, ma è la rappresentazione  dei destini dei personaggi, della natura a tratti misteriosa a tratti beffarda dei loro desideri; ciò che conta è il racconto del mistero celato da esistenze all’apparenza normali. E cardine di tutto il romanzo è l’imperturbabile sentimento d’amore nato tra i due, senza che alcun contatto fosse mai necessario.

                                                                                -Rebecca Proietti


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