"Roma.
Piazza di Spagna in un giorno uguale a tutti gli altri.
Turisti giapponesi con le loro Nikon tra le mani.
Bottiglie di birra vuote della sera prima agli angoli degli scalini.
Schegge di vetro, qualcuno si era divertito troppo, forse.
Il sole alto nel cielo.
E poi, in cima alla scala, una visione.
Capelli lunghi e mori, gli occhi non riusciva a vederli da quella distanza, ma era sicuro del fatto che, una volta tolti quei grandi occhiali da sole, sarebbero stati meravigliosi. Li immaginava di un verde molto acceso.
Una mano dalle dita affusolate teneva fermo sulla testa un cappello di paglia, nonostante il vento volesse imperterrito farlo volare via.
Con passi delicati scendeva un gradino dopo l'altro, mentre lui la guardava e pensava che creatura più bella, no, non fosse mai stata creata.
Forse da una dea, una Venere dipinta, una ninfa del mare, una sagoma che anche il Bernini avrebbe fatto fatica a scolpire con le sue mani.
Un vestito blu, forse di seta, le fasciava il corpo come un guanto.
Più lei si avvicinava, più lui ne scopriva i dettagli, e più aveva desiderio di saperne di nuovi.
Perle alle orecchie e sul collo.
Scarpe troppo alte per scendere quei gradini, ma che lei calzava con una fluidità straordinaria.
Non un passo falso, non un attimo di cedimento. Continuava la sua discesa ignara della sua bellezza, ignara di quegli occhi che non si erano allontanati da lei nemmeno per un istante.
Le labbra piene, piene di un sorriso non diretto a qualcuno in particolare, si muovevano silenziose, canticchiava probabilmente.
Era bella.
Ma non di quel genere che fa girare le teste degli uomini al suo passaggio.
Di quel genere che sbarra gli occhi, fa tremare le gambe, intimorisce, disarma.
E lei, persa in chissà quale pensiero, continuava a scendere quei gradini, un passo dopo l'altro.
Arrivata alla fine della scala, lui capì di amarla già."
-MH
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