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venerdì 23 ottobre 2015

Una mattina d'ottobre

Si erano salutati una mattina d'ottobre che pioveva forte in stazione, S'erano guardati fissi negl'occhi, blu i suoi, verdi di lei, per un tempo che era parso loro infinito e che servì a scavare nell'anima dell'altro un'ultima volta.
Si erano salutati una mattina d'ottobre che faceva anche più freddo, forse era colpa di lui che partiva, il freddo, forse era colpa di lei che restava, o forse era solo colpa di quella stagione. S'erano baciati con lo sguardo tutto il tempo, tenendosi solo le mani le une dentro le altre, strette, come se quel tempo davvero si fosse fermato, come se quel treno verde scolorito non avesse dovuto mai lasciare quei binari.
Si erano salutati una mattina d'ottobre quando non c'era più niente da dire o da fare, da pensare, da ottenere e da sperare, ma quando c'era ancora tanto da amare e loro lo sapevano, lo sapevano bene che c'era tanto da amare, ma no non si poteva più, o forse si ma non lo si voleva abbastanza, o forse nessuna delle due cose, forse semplicemente era destino che tutto scomparisse ma che allo stesso tempo rimanesse però come un puntino all'orizzonte, un monito di cio che erano stati.
S'erano salutati una mattina d'ottobre mentre gli occhi si respiravano e le bocche piangevano, mentre le mani stringevano il cuore dell'altro. Poi si staccarono, di colpo, e lui salì su quel treno. La pioggia era diventata una tormenta interiore, un tormento per il cuore la partenza. Il treno si allontanava. Le mani bruciavano già di mancanza e quella mattina d'ottobre ormai sapeva di una mattina qualunque.

                                     -R

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