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lunedì 21 dicembre 2015

“Almeno da qualche parte, insieme.”

“Da qualche parte dovremo pur finire tu ed io.
Magari in un bel café, con i tavolini che ti piacciono tanto. 
Da qualche parte dovrai pur stare. 
Dovrai pur ritornare sui tuoi passi, inciamparci, ricordarteli. 
Dovrai pur soffermarti sul mio pensiero. 
Dovrai pur maledirmi per averti amata così tanto, per averlo fatto così male, per non aver mai imparato.
'Che ne avevo di cose da imparare. 
Il caffè era sempre amaro.
I fiori sempre gli stessi. 
Le canzoni in macchina mai troppo alte. 
Ma io sapevo tutte queste cose. 
Perché impararle se erano anche un po' mie?
Da qualche parte dovrai pur vedermi. 
Sbarrare gli occhi, sentire sgretolarsi il marciapiede, sentirsi vuoti, mancanti. 
Da qualche parte dovrai pur capitare.
Il sabato mattina sto sempre in libreria. 
Il pomeriggio al bar.
Dovrai pur sperare di incontrarmi. 
Di incrociarmi per sbaglio, velocemente. 
Avere un sospiro di sollievo perché nelle mie mani non stringo altri fianchi e nei miei occhi non ci sono altre storie. 
Sempre la tua.
Sempre la nostra. 
Dovrai avere voglia, ogni tanto, di sapere come sto.
'Che non me lo chiedo da un po'. 
'Che non so rispondere da un po'. 
Da qualche parte dovranno pur essere finiti i nostri nasi sempre gelati. 
Dovrà pur esserci quella promessa, quella che ti ripetevo ogni sera. 
Da qualche parte dovranno essere finite tutte le tue carezze e le mie dita sempre troppo lunghe. 
Da qualche parte dovrà essere finito il mio sorriso, magari sta col tuo. 
Almeno loro. 
Da qualche parte dovresti esserci tu, con uno spazio per me, col tuo petto contro il mio.
Da qualche parte dovremo essere finiti noi due. 
Insieme, almeno lì.”

-MH.

martedì 1 dicembre 2015

“Ti mando un bacio”

"Ti mando un bacio. 
Un bacio per tutti quelli che ti ho rubato prima di andarmene. 
Un bacio per tutte le paure che la notte non ti ho portato via.
Un bacio per i tramonti che ti ho fatto accarezzare da sola.
Un bacio per tutte le librerie che ti ho fatto girare prima di trovare quel libro, quello con l'odore della carta pungente. 
Un bacio per tutte le volte che ti si sono seccate le labbra.
Un bacio per i sorrisi che hai smesso di regalarmi. 
Un bacio per ogni giorno senza poterti guardare piangere. 
Ti mando un bacio per tutte le cazzate che ho fatto.
Un bacio per le lacrime che avevano il mio nome.
Un bacio per mandarti via sperando che tu rimanga. 
Un bacio per urlarti quanto fa male. 
Ti mando un bacio, in una notte senza luna. 
Un bacio per ricordarmi che mi innamorerei di te ogni giorno. 
Un bacio per i tuoi occhi.
Un bacio per la storia che sei.
Un bacio per le ferite che hai.
Ti mando un bacio nel silenzio.
L'unico rumore. Un bacio.
Un bacio a suon di baci.
Un bacio per quando ho sperato che non dicessi mai sul serio. 
Un bacio per ricordarti quanto vali, quando lo dimenticherai.
Un bacio lieve, per accarezzarti le guance. 
Un bacio per le volte che avrei voluto respirare il tuo profumo. 
Un bacio per te.
Ti mando un bacio."


-MH


giovedì 26 novembre 2015

" Occhi immobili "

Sguardo perso nel vuoto. Stanco.
Abiti da lavoro. Sporchi.
Zaino sulle spalle. Pesante.
Stava immobile, in piedi, a guardare fuori dal finestrino le stazioni che passavano una dopo l'altra, aspettando la sua, quella che l'avrebbe portato a casa finalmente.
Stropicciava gli occhi esausti con mani altrettanto provate, ancora sporche di calce e polvere, con mani rosse dal freddo sentito.
Chissà quanti pugni di mosche avevano stretto quelle mani, chissà quante donne avevano avuto il privilegio di esser strette da quelle mani, così forti ma così fragili, così dure ma così delicate.
Continuava a guardare fuori perso in chissà quali pensieri, lontano in chissà quali posti, chiudendo a volte gli occhi per pochi attimi, in cui forse la stanchezza aveva la meglio su di lui.
Non si era accorto di me che lo osservavo, in maniera così intensa da corrurgare la fronte, volevo entrare nei suoi pensieri, farmi spazio a qualunque costo, scoprire perché il suo sguardo si facesse così buio a tratti, perche le sue mani si stringessero così forti tra di loro, o perché, bellissime, giocassero con la polvere ancora tra i mori capelli. Le labbra socchiuse sembrava chiedessero baci, sembrava supplicassero amore.
Poi di colpo i suoi occhi nei miei. Un brivido lungo la mia schiena in riflesso a quelle iridi così verdi e profonde.  Il rosso avvampava sulle mie guance ma gli occhi non accennavano a staccarsi dai suoi. Sembrava corresse una strana elettricità tra noi, una sintonia di corpi sconosciuti. Nessuno dei due accennava a distogliere lo sguardo, a staccare quella corrente. Entrambi non riuscivamo a compiere alcun movimento.
Incurante delle persone attorno a noi, tolse una mano dalla prigione dell'altra, e lenta, misurando ogni singolo gesto, quella mano scivolò sulla mia guancia, delicata, toccandomi il viso appena con le punte delle dita.
I miei occhi si chiusero d'istinto, e in un attimo era tutto finito, poteva esser stato tutto frutto della mia immaginazione, ma la traccia bollente che ancora scottava sul viso, non lasciava spazio ad alcun dubbio.
Le porte si aprirono, lui scese di corsa, pentito forse di essersi lasciato andare, ma potevo vederlo, sulla banchina di fronte a me, con gli occhi ancora legati ai miei. 

                                 -R

lunedì 23 novembre 2015

Un giorno tornerò a prenderti

“Un giorno tornerò a prenderti. 
Non so con chi sarai. Forse in un caffè a bere cioccolata.
Forse riderai e quella doveva essere una giornata senza volto. 
Una di quelle in cui ti chiedi cosa hai fatto. 
Ma io un giorno, tornerò a prenderti. 
Magari con un mazzo di rose o senza un soldo in tasca. 
Ti saluterò all'improvviso. 
"Ciao come stai?"
Tu mi regalerai attimi di silenzio poi dirai: "Quanto tempo."
E sarà così. 
Metterò la fine al 'quanto tempo' e lo trasformerò in 'ora'. 
Ora sono qui, davanti a te. 
Un giorno tornerò a prenderti. 
Ti ricorderò quanto era bello ridere di ogni problema. 
E tu socchiuderai gli occhi e mi prenderai per pazzo. 
Un giorno tornerò a prenderti.
Forse quando avrò smesso di odiarti.
Quando non mi farà più male pensarti. 
Quando tornerò al mare. 
Un giorno tornerò a prenderti. 
"Ricominciamo."
Mi risponderai che ora hai una vita. 
E ti dirò che io ne ho avute tante. 
"Andiamo via, ti amo."
Mi prenderai per pazzo, di nuovo.
E ti ricorderai quanto mi ami.
Forse non hai mai smesso e stai pensando a me che leggo mentre ti accarezzo i capelli. 
Forse mi avrai dimenticato, ma poi ti sarai seduta per una birra e sarà passata quella canzone in radio.
Sì, proprio quella che ti cantavo io. 
E penserai a quante volte mi hai odiato. Quando ti parlavo di ciò che mi faceva emozionare.
Quando andavo avanti le ore, senza respirare.
Quando ti addormentavi col mio respiro sul collo. 
Quando il mio profumo era quello di casa.
E ti mancherà la sensazione di essere a casa. 
Di essere con me.
Un giorno tornerò a prenderti.
Senza la pretesa di trovarti.
Senza la speranza di averti. 
Però potresti esserci, ascoltarmi. 
Un giorno tornerò a prenderti e ti dirò che io il primo amore volevo ricordarlo per sempre. 
Volevo che stesse accanto a me ogni mattina. 
Un giorno tornerò a prenderti.
E tu ci sarai. 
Mi dirai: "Quanto tempo"
Io ti bacerò.
Un giorno tornerò a prenderti, è una promessa.”



-MH.

martedì 17 novembre 2015

“Paris in love”

Dovevamo andarci insieme a quel concerto. 
Avevo comprato i biglietti mesi prima: Eagles of Death Metal. 
Lei li adorava. 
E non l'avresti mai detto che una come lei, una tipa spocchiosa e schizzinosa come lei, beh sì, non avresti mai detto che una come lei avrebbe amato un gruppo simile. 
Era questo il bello: riusciva sempre a sorprenderti.
Nel momento in cui pensavi di conoscerla, di aver capito quale fosse il meccanismo giusto, ti fregava. 
Cambiava tutto, ed era straordinariamente stimolante e affascinante.
Quella sera avevo intenzione di dirle che volevo lei.
Che senza la sua presenza il caffè era amaro anche con lo zucchero.
Che il Louvre rimaneva un museo vecchio e con troppe storie da raccontare.
Che senza di lei non aveva senso. 
Riuscivo a esistere, ma lei mi dava la forza per vivere. 
Io vivevo di lei.
Vivevo delle sue risate in faccia alla gente.
Vivevo del suo repentino cambio d'umore senza spiegazioni.
Vivevo delle sue magliette larghe, sgualcite, trovate in qualche armadio e indossate.
Lei ridava vita a quelle magliette. 
Le stavano tremendamente bene. 
Si appoggiavano sui suoi fianchi così leggeri e io temevo sempre di essere pesante quando la sfioravo.
E non stringevo.
Era fragile, tremendamente fragile e odiava saperlo.
Odiava qualsiasi cosa la rendesse vulnerabile, anche se in realtà era lei a rendere gli altri così.
Le bastava uno sguardo. 
Le bastava uno sguardo ben assestato e tu, tu ti chiedevi come avessi potuto confondere fino ad ora una tale bellezza. 
Come avessi potuto non coglierla.
Io l'amavo e volevo dirglielo.
L'amavo e volevo lei.
E poi sono entrati. 
Si è girata piano, ha sorriso e ha detto che se fosse morta le sarebbe piaciuto baciarmi prima.
E io l'ho baciata. 
L'ho baciata silenziosamente tra il rumore del fuoco e delle grida.
L'ho baciata piano e ho cominciato a piangere. 
E sembrava tutto così lontano, tutto così ovattato. 
E noi. E noi ci baciavamo. 
Ci baciavamo per dire che l'amore ci avrebbe salvati. 
Bastava poco.
E poi lei ha avuto un sussulto. Ha cominciato a sanguinare e le mie mani hanno stretto quei fianchi. 
Quei fianchi leggeri. 
"Ti amo."
Ha sorriso e si è spenta. 
E io sono morto. 
Quel giorno, io sono morto. 
Mi sono sentito venir meno. Son crollato. Forse su di lei, forse su qualche altro corpo. 
Urlavano, ma non mi importava. 
Lei era andata via. 
Loro l'avevano portata via. 
Ho pregato che portassero via anche me. Ho pregato in un bagno di lacrime e sangue. 
E poi buio. 
Svegliarsi dopo in un letto di ospedale col suo sapore sulle labbra fu terribile.
Lei non c'era a tenermi la mano. 
"Ti amo anche io." 

-MH.

lunedì 16 novembre 2015

"Ciao, ci vediamo.. "

Il destino è maledettamente beffardo.
Mai avrei pensato di incontrarlo su un treno così affollato di persone e rumori e odori. Eppure, ha puntato gli occhi su di me quando ancora ero sulla banchina, quando ancora non s'erano aperte le porte.

 Ciao, quanto tempo. Si io sto bene. Si vede che sei stanco. No no, io ancora studio. Ah scendi a Termini? Va bene, allora buona giornata.

 Dopo tanto tempo l'ho visto. L'ho visto ed era stanchissimo, in piedi dalle 6 per andare al cantiere e quindi aveva gli occhi ancora piu socchiusi del solito ma erano se possibile ancora piu belli, tendevano ad un verde che lascia senza fiato, anche se cerchiati da occhiaie ..si toccava la barba di qualche giorno, sul viso tirato dalla stanchezza, e si vedevano le sue  mani dalle dita affusolate come le ricordavo, ma rovinate dal lavoro. E a me è venuto in mente di quando era un ragazzino paffutello e di barba non aveva nemmeno un accenno. Di quando io avevo piu o meno 11 anni e lui 12. Io l'ho conosciuto prima di lei. Ho conosciuto prima di lei la sua testa matta e il ragazzo ingestibile che era. Sono 8 anni che quando lo vedo impazzisco come la prima volta. Lei non potrà mai cancellare il legame tra me e lui né l'elettricità tra i corpi quando siamo vicini. In un modo o nell'altro sarà sempre un po' anche mio. Io sarò sempre un po' sua. Due persone come noi non si troveranno mai insieme, non riuscirebbero mai a sopportare la banale routine della coppia. Ma saremo sempre legati da un filo invisibile.

Non ti ho baciato sulle guance quando sei sceso dal treno, lo sai che non si può più. Lo sai che non si può baciare sulle guance chi ti sta sul cuore.

"Ciao, ci vediamo.." No, non ci vedremo e lo sappiamo benissimo, se non per questi scherzi del destino, scherzi che creano imbarazzo, silenzi, sorrisi, mancanze che non si colmano più. E ogni volta che ci vedremo, ci avvicineremo sempre di più al bordo della follia.

                                     -MH

giovedì 12 novembre 2015

“Vieni a dormire da me sta sera?”

“Vieni a dormire da me sta sera?
Era tanto che non me lo chiedeva. 
Era tanto che non chiudevo gli occhi con la consapevolezza di averla a distanza di un cuscino. 
Quella frase, all'apparenza una come tante, mi fece avere un battito in più. 
Vieni a dormire da me sta sera?
Certo che vengo, per stare con te, qualsiasi stato d'umore indossi. 
Tanto rimani sempre bella. 
Certo che vengo, anzi corro, così non perdiamo tempo.
Così ti chiedo come stai e tu mi rispondi che va tutto bene. 
E giochiamo così: a chiederci "come stai?" fino a quando non ci lasciamo andare.
Come stai tu, come sto io. 
Male.
Ma poi come stiamo noi?
Bene. 
Era tutto in disordine quando ci mancavano un po' di più. 
Quando i nostri momenti sciamavano un po'. 
Vieni a dormire da me sta sera?
Volentieri, aspettami che passo a comprare le sigarette, quelle che ti fanno ricordare come sia avere la bocca al sapore di felicità. 
Vengo a dormire da te sta sera, adesso come stai? Spero ti senta meno sola. 
Ti offro tutto il mio petto, tutte le mie braccia e le tue paure, le addormentiamo con le nostre risate. 
Che poi dormo sempre prima io, anche se tu sei più stanca. Mi posi gli occhi addosso e il mondo cambia. 
Fa freddo, mettiti il pigiamone di pile, quello che ti fa ridere. Quello che ti fa tirare fuori la lingua e allargare gli occhi. 
E chissà di che colore sono. 
Se lo chiedono tutti, ma io lo so.
Gli alberi in autunno, quelli di Londra. 
Hyde Park.
Ecco i tuoi occhi. 
Sta sera ti faccio stare bene, allontaniamo le sofferenze.
Una birra, le coperte, tu ed io.
Chiunque dica che la felicità non esiste, non ha mai ricevuto un tuo messaggio.
Non ha mai avuto l'onore di colorarti la vita. 
Artista come me, anche se non lo sai. 
Vieni a dormire da me sta sera? 
Certo che vengo da te, come potrei rifiutare?
Casa è ovunque, basta che ci sia tu.”

-MH

martedì 10 novembre 2015

“Sfiorala piano”

“ “Ti amo”.
Era la mia frase preferita. Pronunciata dalle sue labbra, assumeva quel tocco di evanescente e soffuso. 
Un mazzo di fiori profumato. 
Io che ho sempre odiato l'amore e le sue controindicazioni. 
Io che ho sempre ritenuto idioti coloro che si regalavano cioccolatini. 
Io che le canzoni le ho sempre ascoltate solo per me, mi son ritrovato a rispondere: "anche io ti amo."
Ed era vero. 
Io l'amavo. 
Amavo il suo modo di parlare, confondendo parole tra loro. Ma in bocca a lei, stavano comunque bene. 
Non era fica, non era una di quelle ragazze a cui avresti urlato per strada. 
Tu l'avresti semplicemente guardata e ti saresti vergognato a rivolgerle un altro sguardo. 
Avresti avuto paura di farla sfiorire. 
E lei era da sfiorare. 
Lei era bella. 
Una bellezza che ti fa arrossire le guance. 
Lei era così bella. 
Sai quando uno è 'così bello'? 
Quando per strada rimani a bocca aperta e il silenzio resta l'unica cosa da fare.  
Quando vederlo ti fa pensare che in fondo al mondo ci sono tante cose per cui vale la pena vivere. 
Quando non sai che fiore comprargli perché nessuno sarà mai all'altezza. 
Quando ancora sa arrossire per un complimento. 
Quando ti parla e ha gli occhi più belli del mondo, non per il colore, ma per ciò che vedi dentro. 
Quando è lasciato indietro da tutti perché non si sa spiegare. 
Quando cammina e non alza mai la testa perché ha troppa paura. 
Quando i fazzoletti di seta con cui si asciuga le lacrime riportano le sue iniziali. 
Quando usa ancora fazzoletti di seta. 
Quando inizia a parlare e, qualsiasi cosa dica, diventa desiderabile. 
Quando non importa dove, conta soltanto che ci sia al tuo fianco. 
Quando la mattina ha ancora gli occhi chiusi ed è comunque meraviglioso. 
Quando scrive lettere che aspetti con ansia di trovarti nella cassetta postale. 
Quando cola il trucco e ha comunque un bel sorriso addosso.
Quando ti fa sentire vivo. 
Lei era così. 
Non avevi bisogno di niente quando la sua vita incrociava la tua, anche solo per un minuto. 
E io l'amavo, l'amavo tanto.
Io che dell'amore non avevo mai capito niente. 
Io amavo lei.”


-MH.

domenica 8 novembre 2015

"Cinque sensi per te"

Anche oggi che c'è il sole ho deciso di parlar di te. Oggi che ti sento più vicino, oggi che sei qui. Oggi i miei sensi hanno deciso di raccontarti.
Udito.
La tua voce calda, il rumore dei tuoi passi, i tuoi sussurri e il ritmo dei tuoi respiri, i versi strani e divertenti, schiarirti la gola per chiedere la mia attenzione.
Olfatto.
Il tuo non è un profumo, ma un'essenza inconfondibile, solo tua, e forse un po' anche mia ormai, ma di nessun altro. L'odore dei tuoi vestiti, a volte odore di tabacco, quasi mai di dopobarba, ogni tanto di pioggia e sedili in pelle.
Gusto.
Il sapore dei baci, dei troppi caffè che bevi, di succo di frutta soltanto alla pera, sapore di te.
Tatto.
La tua pelle liscia, i capelli castani e morbidi, la barba folta, i maglioni, i pantaloni con le tasche, 'che sono più comodi. I calli sulle mani stanche e le unghie mangiate dal nervoso.
Vista.
Lo spettacolo più bello. Il senso più appagato. Io ti vedo, con i miei occhi vedo i tuoi. Ti vedo interamente per la persona che sei, e nessuno potrebbe chiedere di meglio.

                          -MH

venerdì 6 novembre 2015

“Voglio una vita con te”

“Quando ero piccola dicevano che "l'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re". 
E ci ho creduto. 
Ho sempre detto: "vorrei", ma questo lo puoi fare fin quando non ami. 
Poi ho incontrato te. 
E da lì il "vorrei" non ha più reso l'idea. 
Io con te voglio. 
Voglio una vita insieme. 
Voglio alzarmi la mattina, e trovarti di fianco a me. Con la mano sul mio petto, e gli occhi chiusi. 
Voglio baciarti quando hai ancora il segno del cuscino ai lati delle labbra. 
Voglio dirti: "buongiorno amore" ancora prima di aprire le finestre, voglio arrivare prima del sole.
Voglio portarti il caffè a letto, con un biscotto, che forse mai mangerai. 
Voglio scriverti su un post-it che anche sta mattina svegliarsi con te è una gioia.
Voglio prepararti il pranzo e metterti un fiore accanto al piatto. 
Voglio chiederti di andare a prendere un thé in quel bar così carino e antiquato. Quello con le poltrone in pelle e gli scaffali che odorano di libri. 
Voglio camminare per le strade durante il periodo di Natale. 
Mano per mano, con le sciarpe fin sopra al naso. 
Voglio farti un'improvvisata al lavoro. 
Due panini, giusto per pranzare insieme, mi basta vederti. 
Voglio comprare cose per casa che mai useremo. 
Voglio addobbare l'albero e finire a far l'amore sul tappeto. 
Voglio invitare i nostri amici a cena il sabato e scegliere insieme il vino. 
E io non ci capirò mai niente. 
Voglio che tu mi abbracci da dietro mentre lavo i piatti. 
Con i capelli legati. 
Voglio fare la doccia con te e vedere le tue mani che corrono sul mio corpo insieme alle gocce d'acqua. 
Voglio dirti che ti amo. 
Che ti amo ogni giorno un po' di più. 
Che sono fortunata ad averti. 
Che voglio te, tutta una vita. 
Che voglio te che la sai rendere speciale in ogni tua sfaccettatura.”

-MH.

giovedì 5 novembre 2015

“Autunno come stato d'animo”

"Era tardi. 
Forse le 02:00, forse le 04:00.
Non c'era differenza. 
Il tempo non correva senza di te.
Sembrava tremendamente fermo. E quel silenzio, era quanto di più rumoroso ci fosse.
Non so se scrissi.
Non se fumai o mi appoggia al freddo vetro della finestra, per guardare fuori.
Forse speravo di vederti lì, in cerca di qualcosa o in attesa. 
E avrei atteso, con te magari. 
Non ricordo se fuori facesse freddo. Ricordo che dentro c'erano 0º. 
Ricordo il sangue gelato, gli occhi opachi e il non sentire nulla.
Vuoto completo.
Era sempre così, ogni volta.
Tu andavi via, io rimanevo con qualcosa in meno.
Prima i sorrisi, poi i sogni.
Non ricordavo nemmeno più che cos'altro ci fosse.
Pensavo di essere finito da tempo.
Invece continuavo a demolirmi, silenziosamente. 
E tu continuavi a non esserci.
Ma la mancanza si sentiva.
La sentivo nel petto, quando bruciava un po' di più. 
La sentivo nelle mani, quando mi trovavo a stringere un pensiero, pur di averti ancora un po'. 
Non ricordo se fuori ci fosse qualcuno, non c'eri tu.
Non ricordo se la notte fosse piena di stelle o senza luna. 
Andava via tutto con te, a piccoli passi. Man mano sempre più lontani. 
Non ricordo tante cose quando non si tratta di te. 
Non ricordo nemmeno come si sorride quando non ci sei tu. 
Non ricordo."


-MH.

mercoledì 4 novembre 2015

“Incapace di amare”

“Io non lo so.
Non so come si faccia.
Non so cosa voglia dire "amare qualcuno". 
Non so se abbia a che fare con la dipendenza o con la lancinante mancanza.
Non so se sia un equilibrio tra pregi tuoi e difetti miei.
Non so se ci sia una regola che dica che dovrò chiamarti io per prima.
O una che sottolinei il mio continuo sbagliare. 
Io non lo so.
Non so nemmeno cosa tu mi abbia fatto. 
A me che mai ho creduto. 
Tu che arrivi silenziosa e che accarezzi, lieve, quelle ferite. 
Non so perché ti sia venuto in mente.
Chissà cosa pensavi quel giorno lì, quello in cui mi hai sfiorata la prima volta. 
Non so perché io, tra tanti.
Tu dici che ti rendo felice.
Io dico che non so come si fa'. 
Allora ho pensato che forse sta tutto lì il segreto.
Sta nel non saperlo, ma nel farlo spontaneamente. 
Senza chiederselo. 
E ti chiedo scusa, per tutte le volte che imparerò ad amare meglio, sbagliando prima.
E mi chiedo se ogni volta, ti ritroverò ad aspettarmi.
Con la stessa mano tesa.
Con gli stessi occhi innamorati. 
Che poi, innamorarsi è un attimo. 
Forse nemmeno ce ne accorgiamo.
Forse nemmeno sappiamo l'attimo preciso. 
Forse accade e basta perché tu mi salvi e io mi faccio salvare. 
Forse tu mi baci e io torno a respirare.
Ma se anche smettere fosse questione di un attimo rubato al nostro tempo?
Un solo attimo.
Così, sperduto, zoppicante. 
E cadi, e te ne accorgi.
Lì si sente tutta e sai perfettamente il perché. 
E maledici il quando.
E mi chiedo se anche per noi ci sarà, e tremo un po' di più. 
Diventa tutto più freddo quando non ci sei.”


-MH.

martedì 3 novembre 2015

“Che tu sia per me tutte le volte”

“Ogni volta che vado via, ti lascio sempre un pezzettino di me. Magari tra le asole della giacca. 
Ogni volta che salgo su un treno, l'ultimo sguardo è per te. 
L'ultima occhiata al finestrino.
L'ultimo sussulto prima di salire. 
Ogni volta che ti tengo la mano, mi piace il tocco che hanno le tue dita. 
Mi piace come si incastrano con le mie. 
Mi piace come si sfiorino. 
Ogni volta che ti bacio, ogni volta, sembra sempre la prima. 
E non parlo di baci con la lingua.
Non parlo di baci maliziosi. 
Non parlo di un letto, di un hotel, o di una scopata tanto per. 
Parlo della voglia di sentirti. 
Parlo del voler baciare il tuo sorriso, in faccia al mio. 
Parlo di volerti baciare con ogni parte del corpo, partendo dallo sguardo. 
'Che ci si rimane incastrate in certi sguardi. 
Arrivano al petto, senti il cuore che batte, senti qualcosa allo stomaco. 
Non farfalle, troppo poco.
Senti di essere una persona diversa, forse migliore. 
Ogni volta, spero che ogni bacio sia il penultimo.
Ogni volta spero che tu veda qualcosa di buono in me, che non combino mai nulla. 
Ogni volta, ogni fottuta volta chiedo altri attimi. 
Li rubo piano, di sottecchi. 
Chiedo un attimo per stringerti ancora un po'. 
Chiedo un attimo per respirarti, perché il tuo profumo è il più buono del mondo. 
Chiedo un attimo per ripercorrerti con le mani, sistemarti i capelli, prenderti il viso, scendere sui fianchi. 
Chiedo un attimo, niente di più. 
Un attimo ancora da rubare a lancette troppo veloci. 
Ogni volta, mi innamoro di te un po' di più. 
Ogni volta desidero che tu sia la parte della mia vita, quella speciale. 
Ogni volta, che tu sia per me tutte le volte. ”



-MH.

sabato 31 ottobre 2015

“Io, poeta maledetto.”

“Sono le 03:04.
Sono le 03:04 e si dice che la notte appartenga a chi ama follemente. 
Si dice che la notte sia una signora con un vestito di velluto che le ondeggia sui nivei piedi. 
Sono le 03:04 e fa freddo. 
Meno tanti gradi in questo mondo. 
Sono le 03:04 e non ci sei. 
Non ci sei più, da un po'. 
Non ricordo quanto. Tenevo il conto dei giorni quando ci mancavamo. 
Però da tanto. 
A me sembra tanto. 
'Che corre tutto troppo velocemente: la vita, le persone. Io no.
Ho smesso.
Ho smesso di correre da quando tu hai deciso di fermarti lì, in quelle braccia là, che non sono le mie. 
Ho smesso di correre da quando l'ultima sigaretta serve per prendere aria. 
Ho smesso di correre da quando guardo il cielo e somiglia sempre a te quando arrossisci. 
Smentivi ogni regola: le ragazze ancora lo sanno fare. 
'Che ti bastava uno sguardo per colorarti di rosa. 
Ho smesso di correre in libreria, per comprarti l'ultimo libro di un qualche poeta dannato per amore.
Ora li capisco. 
Mi sento come loro, dannato e perso. 
Io che li ho sempre denigrati.
Io sono diventato uno di loro. 
Ho smesso di correre dietro ai treni, da quando non ci sei più tu da inseguire affacciata ad un finestrino, mai lo stesso.
Un po' come te. 
Ho smesso di correre per le piogge d'agosto. 
Quelle a cui tu andavi incontro a braccia aperte e un sorriso bambino. 
Ho smesso di correre nei prati in fiore.
Tanto non avrebbe senso coglierne uno. 
Ho smesso di correre. 
Ho smesso e basta, come te.
Ho smesso quando tu hai detto: "è finita". 
Ho smesso anche di crederci, che fosse mai iniziata. 
Ho semplicemente smesso di sperare che tu possa tornare per dirmi: "Il caffè senza zucchero non è più dolce da quando non mi baci più." 
Ho smesso anche di cercarti, ho guardato in tutti gli angoli. 
Ho smesso di sentire le stesse canzoni, ho smesso di sentirci. 
Ho smesso. 
Hai smesso. 
E sono le 03:17, tu continui a non esserci.”


-MH.

Per sempre? O per un po'?

《Ti amerò anche dopo la morte》mi disse.
《Dopo la morte? Ma dopo la morte non c'é niente!》
《E io ti amo lo stesso》
《Prendi l'amore che mi daresti dopo la morte e dammelo subito. Così adesso ne ho di più.》
《Ma non è troppo poi?》
《Non è mai troppo l'amore》
《E allora che me ne frega se dopo la morte non c'è niente. Se non è mai troppo io ti amo pure da lì》
《Ma da lì dove?》
《Boh non lo so, ti amo dal niente. Ecco si dal niente, come se ci fosse sempre stato》
《Ma se siamo morti, a me l'amore non m'arriva》
《Ma quante storie che fai, pigliati st'amore e basta》
《Ma non è che ne trovi un'altra dopo la morte? Magari ha l'anima più bella della mia》
《Finiscila, tu hai l'anima più bella tra tutte》
《Sei sicuro?》
《Lo giuro sulla mia vita》
《Quindi dopo la morte non mi ami più?》
《Ma l'ho detto prima, si anche dopo la morte》
《Vabbe', facciamo che ci credo. Ma la serie A c'è  dopo la morte?》
《Spero di si, altrimenti uno che fa la domenica?》
《Mi ami, pure la domenica》
《Però se c'è me la fai vedere eh, non ci vengo per negozi con te》
《Tanto lo so che poi ci vieni.. mi ami vero?》
《Certo che ti amo》
《Per sempre? O per un po'?》
《Te lo dico l'ultima volta, anche dopo la morte》
《Non vedo l'ora di baciarti l'anima》

     
                            -R

venerdì 30 ottobre 2015

“Ti lascio”

“Certo che ci lasceremo. 
In realtà ci stiamo lasciando anche adesso. 
Dipende sempre cosa. 
Io ti lascio i miei giorni migliori. 
Ti lascio le mie corde preferite. Quelle che compro per far suonare al meglio la chitarra. 
Ti lascio il mio quadernino pieno dei sospiri che mi fai lanciare. 
Ti lascio una canzone da ascoltare prima di andare a dormire. 
Ti lascio il desiderio di chiedermi se domani ho voglia di un caffè. Offri tu. 
Ti lascio immaginare di fare l'amore con me. 
Ti lascio lettere senza bisogno di un mittente. Saresti sempre tu. 
Ti lascio i miei pensieri più profondi.  
Ti lascio i tramonti sul mare.
Ti lascio la voglia di andarsene in qualche posto nuovo. 
Ti lascio le attese sui muretti, con i berretti di lana e le sciarpe sui sentimenti. 
Ti lascio la voglia di prendermi in braccio a fine giornata. 
Ti lascio il mare delle 18:33.
'Che ha il colore dei tuoi occhi quando sorridi di cuore. 
Ti lascio la voglia di mollare quando sei quasi in cima alla vetta. 
Ti lascio il "ormai è fatta" quando ci arrivi. 
Ti lascio l'emozione di guardare il mondo sotto di te. 
Ti lascio la sensazione di essere speciale per qualcuno su questa terra. 
Ti lascio il giubbotto quando fuori fa freddo e hai solo una felpa. 
Ti lascio la voglia di sprofondare tra le mie braccia fatte apposta per te. 
Ti lascio tutto il mio amore. 
Ti lascio tutta la mia vita in mano, perché so che tu non la lascerai scivolare via. 
Perché tutto quello che perdo io, lo prendi tu. 
E sì, ci lasceremo. 
Ci lasceremo la voglia di appartenerci per sempre.”

-MH



Binario 3.

Mi aveva detto che sarebbe tornato, alle 11 in punto, binario 3. Così io ero corsa alla stazione, un po' in anticipo, forse anche troppo, con l'ansia di vedere il suo viso una volta scese le scalette del treno. Mi ero seduta su una di quelle panchine di fronte alla banchina, e leggevo un libro per ingannare l'attesa. Speravo che il treno arrivasse con qualche minuto d'anticipo, ma si sa a Roma non c'è nulla di puntuale, figuriamoci in anticipo. Cosi i minuti passavano, ed io ero contenta che passassero alcuni più lenti e alcuni più in fretta, perché potevo godermi ogni istante di quell'attesa agitata che di lì a poco mi avrebbe fatto ritrovare quegli occhi blu. E poi sentìì da lontano quel fischio tanto desiderato, il cuore mi batteva forte, il treno stava arrivando, lo potevo vedere mentre iniziava a frenare per fermarsi di fronte a me, alle 11.07, binario 3. Il treno arrestò la sua corsa, le porte si aprirono e io balzai in piedi. I primi passeggeri iniziarono a scendere, decine di rotelle iniziarono a girare sul pavimento sporco e loro, stanchi del viaggio, erano felici di trovare un amore, un amico,una madre ad attenderli. Occhi negli occhi, mani strette, abbracci, 'te la porto io la valigia amore, sarai stanca' , tutti verso l'uscita, verso casa. Ed io ancora aspettavo, guardavo tutti i volti che passavano, riguardavo quelli che già erano passati, pensando che no, non era ancora sceso dal treno, no non potevo averlo perso, e sì l'avrei riconosciuto anche al buio. Ma i passeggeri erano terminati, non scendeva più nessuno, forse avevo sbagliato treno, ma no era quello giusto, alle 11, binario 3. Chiesi informazioni, no non mi ero sbagliata, e sì signorina, i passeggeri sono terminati non c'è più nessuno sul treno. Lui non era tornato. Non era mai salito su quel treno. E il mio cuore rimase fermo lì al binario 3, fermo, ormai al capolinea.

                                 -R

giovedì 29 ottobre 2015

" Non fermarti "

Camminava per le strade della città deserta, mentre il vento accartocciava le foglie e le faceva volare lontano. Un passo dopo l'altro ripensava ai tempi in cui era con lei, 'che in una giornata del genere lei avrebbe fatto uscire il sole con quel sorriso. E forse era solo un'impressione, forse il sole c'era davvero ed era lui che non lo vedeva, perché quando ti manca lei, è tutto buio, è tutto spento, freddo, e ti senti accartocciato come le foglie, pure se fuori c'è il sole. Però lui no, oggi non lo vedeva, non lo vedeva il sole. Continuava a camminare senza sapere bene dove andare, senza smettere di sentire quel dolore al petto, il dolore di quando ti manca qualcuno, ti manca lei, e allora stai male, davvero male ma continui comunque a camminare, perché se ti fermi è la fine, se ti fermi è la volta buona che quel numero lo componi, quella sua strada la percorri, quei girasoli li compri, è la volta buona che finisci per fare tutto quello che non hai fatto, le cose giuste; se ti fermi a pensare poi ti tremano le gambe e cadi a terra e poi chi ti aiuta a tornare a galla, lei non c'è, non ti vuole piu o forse non ti ha mai voluto, magari si ti voleva ma non abbastanza. Continuava a camminare, a mettere un piede davanti all'altro, a respirare lentamente, poi iniziò a correre, a correre via anche se sapeva già da sé che le mancanze son sempre dietro l'angolo.

                                      -R

mercoledì 28 ottobre 2015

“Storie da caffè”

“17:20.
Lui era uno stronzo.
Lei non capiva che lo aveva reso tale. 
Era una delle tante storie che sentivo al bar. 
Sembrava fatto apposta: ogni giorno c'era qualcuno disposto a sputarsi addosso. 
Erano disposti a perdere tutto per delle frivolezze. 
Si mandavano a quel paese per appuntamenti mancati, per regali non ricevuti, per complimenti non fatti. 
Lui alzava la voce.
Lei cominciava a piangere dicendo che non meritava niente di tutto questo. 
Io bevevo caffè. 
Io bevo ogni giorno caffè. 
L'unica compagnia sincera disposta a osservare ogni giorno storie in cui cambiano solo i nomi, non le situazioni. 
E me lo chiedevo. 
Mi chiedevo fino a che punto fossero disposti a farsi male. 
Fino a che punto la superficialità potesse renderli così stupidi. 
Mi sentivo fuori luogo. 
E glielo avrei detto. 
Gli avrei detto che invece che prendersela perché lei era uscita col suo migliore amico per una birra, avrebbe potuto chiederle come fosse stato. 
E a lei avrei detto quanto un regalo fosse indice di amore. 
Le avrei chiesto se 24 carati fosse abbastanza. 
Li vedevo così distanti da me.
Li vedevo persi in una realtà apparente e non sostanziale.
Io litigavo per altro. 
Io discutevo per le sensazioni che mi lasciavano addosso certe frasi. 
Io non regalavo diamanti. 
Io regalavo i sorrisi sinceri. 
Io la facevo sentire speciale.
E lei se n'era comunque andata. 
Allora mi fermavo. Guardavo tutte queste coppie che si demolivano. 
Le guardavo e non riuscivo a capirne il meccanismo. 
Se avessi litigato per così poco, lei sarebbe rimasta? 
Non capivo. 
Avevo visto amori rompersi. 
Amori riprendersi.
Avevo visto persone rinfacciarsi anche i caffè offerti.
Avevo visto mani volare. 
Le avevo lette tutte quelle storie e non erano niente di entusiasmante. 
La soluzione era così semplice, bastava capire che cosa si volesse davvero.
Eravamo sempre io e il mio caffè. 
E le storie sempre le stesse.”

-MH.



lunedì 26 ottobre 2015

Sei libero o solo?

"E quando sei solo, in un mare di gente. 
E quando sei solo, libero di 
fare ciò che vuoi. 
E quando sei solo, distaccato da qualsiasi responsabilità. 
E quando sei solo, a fare i conti con gli scheletri nell'armadio. 
E quando sei solo, tu e una tazzina di caffè. 
E quando sei solo, senza una bocca da baciare ad ogni rientro. 
E quando sei solo, senza una testa da ospitare sul petto. 
E quando sei solo, senza un mittente a cui scrivere. 
Senza occhi in cui perderti. 
E quando sei solo, senza mani da stringere. 
Senza fianchi da accarezzare. 
Senza un motivo. 
E quando sei solo, in ogni stazione. 
E quando sei solo, al buio della tua esistenza. 
E quando sei solo, negli angoli della stanza. 
E quando sei solo, in una vita troppo stretta. 
E quando sei solo, incastrato in un ricordo. 
E quando sei solo, senza nessuno da svegliare la domenica mattina. 
Senza cornetti da portare.
Senza stelle cadenti a cui affidarti. 
E quando sei solo, tu da solo. 
E quando sei solo, come la chiami? “Libertà o solitudine” "

-MH

Fino all'ultimo gradino

"Roma.
Piazza di Spagna in un giorno uguale a tutti gli altri.
Turisti giapponesi con le loro Nikon tra le mani.
Bottiglie di birra vuote della sera prima agli angoli degli scalini.
Schegge di vetro, qualcuno si era divertito troppo, forse.
Il sole alto nel cielo.
E poi, in cima alla scala, una visione.
Capelli lunghi e mori, gli occhi non riusciva a vederli da quella distanza, ma era sicuro del fatto che,  una volta tolti quei grandi occhiali da sole, sarebbero stati meravigliosi. Li immaginava di un verde molto acceso.
Una mano dalle dita affusolate teneva fermo sulla testa un cappello di paglia, nonostante il vento volesse imperterrito farlo volare via.
Con passi delicati scendeva un gradino dopo l'altro, mentre lui la guardava e pensava che creatura più bella, no, non fosse mai stata creata.
Forse da una dea, una Venere dipinta, una ninfa del mare, una sagoma che anche il Bernini avrebbe fatto fatica a scolpire con le sue mani.
Un vestito blu, forse di seta, le fasciava il corpo come un guanto. 
Più lei si avvicinava, più lui ne scopriva i dettagli, e più aveva desiderio di saperne di nuovi.
Perle alle orecchie e sul collo.
Scarpe troppo alte per scendere quei gradini, ma che lei calzava con una fluidità straordinaria.
Non un passo falso, non un attimo di cedimento. Continuava la sua discesa ignara della sua bellezza, ignara di quegli occhi che non si erano allontanati da lei nemmeno per un istante.
Le labbra piene, piene di un sorriso non diretto a qualcuno in particolare, si muovevano silenziose, canticchiava probabilmente.
Era bella.
Ma non di quel genere che fa girare le teste degli uomini al suo passaggio.
Di quel genere che sbarra gli occhi, fa tremare le gambe, intimorisce, disarma.
E lei, persa in chissà quale pensiero, continuava a scendere quei gradini, un passo dopo l'altro.
Arrivata alla fine della scala, lui capì di amarla già."

                                                             -MH


sabato 24 ottobre 2015

“L'amai, non per un attimo.”

“Questione di un attimo e lei riuscì a svestirmi di ogni paranoia.
Parlava piano, sentivo il suo respiro carezzarmi il collo. 
Era tremendamente delicata e ciò la rendeva affascinante, irraggiungibile. Quanto di più desiderabile su questo pianeta, così piccolo in confronto. 
Questione di un attimo, pochi secondi e sentii i suoi occhi seguire ogni linea del mio corpo. 
Sembrava un balletto. 
Sembrava qualcosa scritto da Čajkovskij, quando l'inverno mordeva poco e la neve si posava soffice sulle strade. 
Questione di un momento, forse due se si pensa all'intensità, e ebbi la sensazione di averla addosso, di stringerla mentre mi sussurrava all'orecchio parole dolci, parole d'amore, parole che piano piano andarono a fondersi con noi. 
Non si capiva. 
Non capivo dove iniziassi io e dove finisse lei, ma andava bene così. 
Questione di un attimo, fugace e frastornante e seppi che io e lei l'amore l'avevamo fatto da tempo. 
Una sorta di memoria recondita. 
Un ricordo da far riemergere con la stessa dolcezza con cui mi diceva che niente al mondo ci avrebbe separate. 
Fuori andava avanti qualcosa che chiamiamo vita, e a me non importava. Io dentro, di me, di noi, la stavo facendo rinascere questa fottuta vita. 
Questione di un attimo, senza bisogno di toccarsi, di sentirsi urlare dal piacere. 
Questione di un fottuto attimo e capii che non sono i grandi eventi quelli da tenere a mente, ma quelli che in qualche modo ti cambiano la vita. 
Lei era così, mi sorprendeva sempre. 
Lei in un attimo aveva fatto di me la persona che amava. 
Lei era riuscita a far l'amore senza toccarmi, semplicemente c'era. 
Questione di un attimo e io non seppi più come fare a liberarmi dall'incessante bisogno di sentirla mia. 
E l'amai, non più per un attimo, ma per tutta un'esistenza.”


-MH.

Sii felice

"Sii felice.
Apri la finestra e fai entrare il sole.
Compra un libro.
Ammira il Colosseo come fosse la prima volta.
Lascia che il vento ti spettini i capelli.
Mangia un gelato, anche se fa freddo.
Corri in un prato a piedi nudi.
Accarezzale il viso.
Sii felice.
Prendi il treno sbagliato.
Disegna un fiore sul tuo diario.
Fa' un tatuaggio di cui poi da grande ti vergognerai.
Non guardare ciò che appartiene al passato.
Conserva il potere di lasciarti meravigliare.
Chiamala.
Va' al mare di notte.
Sii felice.
Grida sotto la curva per la tua squadra del cuore.
Parla di lei con gli amici.
Credi in te stesso.
Perditi in una città estera.
Va' a una festa in maschera.
Va' da lei.
Sii felice e va' da lei.
'Che tanto le due cose coincidono."

                                  -R

venerdì 23 ottobre 2015

Una mattina d'ottobre

Si erano salutati una mattina d'ottobre che pioveva forte in stazione, S'erano guardati fissi negl'occhi, blu i suoi, verdi di lei, per un tempo che era parso loro infinito e che servì a scavare nell'anima dell'altro un'ultima volta.
Si erano salutati una mattina d'ottobre che faceva anche più freddo, forse era colpa di lui che partiva, il freddo, forse era colpa di lei che restava, o forse era solo colpa di quella stagione. S'erano baciati con lo sguardo tutto il tempo, tenendosi solo le mani le une dentro le altre, strette, come se quel tempo davvero si fosse fermato, come se quel treno verde scolorito non avesse dovuto mai lasciare quei binari.
Si erano salutati una mattina d'ottobre quando non c'era più niente da dire o da fare, da pensare, da ottenere e da sperare, ma quando c'era ancora tanto da amare e loro lo sapevano, lo sapevano bene che c'era tanto da amare, ma no non si poteva più, o forse si ma non lo si voleva abbastanza, o forse nessuna delle due cose, forse semplicemente era destino che tutto scomparisse ma che allo stesso tempo rimanesse però come un puntino all'orizzonte, un monito di cio che erano stati.
S'erano salutati una mattina d'ottobre mentre gli occhi si respiravano e le bocche piangevano, mentre le mani stringevano il cuore dell'altro. Poi si staccarono, di colpo, e lui salì su quel treno. La pioggia era diventata una tormenta interiore, un tormento per il cuore la partenza. Il treno si allontanava. Le mani bruciavano già di mancanza e quella mattina d'ottobre ormai sapeva di una mattina qualunque.

                                     -R

“Io ero pittore, lei la mia tela”

“Si parlava di arte.
E io pensai: "Parliamo pure di arte. Io l'ho vista. Io l'ho vista nuda".
Ed era vero. 
Io avevo disegnato sul suo corpo quadri mai visti, semplicemente sfiorandola.
Io l'avevo vista spostarsi i capelli con le mani e alzare lo sguardo. 
E lì era la fine. 
Quando ti guardava, lei non lasciava spazio alle parole. Riusciva a spogliarti di ogni paura, di ogni timore. 
Ti sussurrava piano che tu, in un qualche modo, la rendevi felice.
Io l'avevo vista l'arte. 
Nei suoi movimenti lievi, mai in disaccordo con l'ambiente. 
Nel suo modo di ridere, tremendamente sguaiato. Ma la vedevi ed era arte. 
Lei era arte, per come inarcava la schiena quando si stendeva sul mio petto. 
Lei era arte per il modo che aveva di guardare il mondo. 
Lei era la mia arte, quella preferita. Quella che compreresti libri e libri, pur di avere tutto. Anche le virgole. 
E di lei mi sarei presa anche quei punti interrogativi che non riusciva a togliersi di dosso. 
Ma lei era arte e cosa ti aspetti se non confusione, bellezza e senso di inadeguatezza?
Era un'anima inquieta in cerca di amore. 
Io ero pittore e lei la mia tela. 
Lei era arte, ma di lei non potevo parlare. 
Non avrebbero capito.”

-MH.

giovedì 22 ottobre 2015

Le ultime parole di Ettore ad Andromaca

“Cara Andromaca,
Questa è l'ultima volta che potrò scriverti. 
Questa lettera, forse, conterrà tutto ciò che rimarrà di me, ma anche di noi. 
Ci sono cose che non ti ho mai detto, un po' perché ad un uomo non è concesso, un po' perché ho sempre voluto proteggerti da questa mia debolezza. 
Per un momento togliti dalla testa l'immagine di 'Ettore, re dei Teucri' e riprendi alla memoria quel ragazzo che conobbi in tenera età. 
Ti ho amata tanto Andromaca. 
Ho amato le tue candide mani che si son sempre prese cura di me.
Ho amato i tuoi silenziosi sorrisi che mi accoglievano ad ogni rientro. 
Ho amato la tua incessante fanciullezza che si intrecciava con la tua elegante figura di donna, madre. 
Tu sei stata più di una moglie. 
Sei stata compagna, amica, spalla.
Anche se non te ne ho mai dato credito. 
Sei stata il motivo di ogni mia giornata, passata in guerra, lontano. 
Sei stata l'ultimo sguardo lanciato ogni sera a Selene, chiedendole di proteggerti in mia assenza.
Sarai l'ultimo pensiero che mi accompagnerà quando mi troverò di fronte a Proserpina. 
Amore mio, astro del mio cuore, inesorabile desiderio, non piangere per la mia caduta. 
Ricordati di me, come l'uomo che hai amato e che tanto ti ha amata. 
Ricordami nei gesti che condurrai, ricordami nelle accortezze che riserverai ad Astianatte.
Ricordami nel pieno di una giornata estiva, e nella desolazione di un mordace inverno. 
Andromaca cara, che di me hai preso ogni cosa, permettimi di morire sapendo che tu sei fiera di me. 
Permettimi di morire senza la paura di averti delusa. 
Permettimi di vederti al mio capezzale, pur essendo morto. 
Anche agli inferi, se gli dei riterranno, ti porgerò un pensiero fugace. 
Anche lì giacerai nelle mie memorie. 
Ti amo ancora adesso Andromaca, ti amo pur non vedendoti. 
Già so che mai più ti rivedrò, ma ti amo come se domani già potessi riabbracciarti. 
Ultimi baci non te ne ho mai dati, nemmeno sta volta. Sebbene entrambi sappiamo che non ce ne saranno altri. 
Il bacio più grande che un uomo possa darti, lo tieni in braccio e lo serbi nel cuore. 
Non ti dimenticare di noi.
Veglierò su di te, amore mio. 
Candide labbra e soave delizia della mia vita.”

Ettore.

mercoledì 21 ottobre 2015

Antica guerra o società moderna?



“..Si affacciò alla finestra e si perse nel tramonto. Le nuvole sembravano tagliare il cielo come soldati sul campo di battaglia. Opliti coraggiosi, comandanti codardi, e sovrani ancor meno interessati al destino dei loro eserciti. In lontananza due roccaforti e due montagne. Cavalli imbizzarriti calpestavano le ossa e le anime di coloro che erano già morti invano, mentre i più giovani vedeva cadere tra le prime file, giovani che non avrebbero più sentito il calore dell’abbraccio di una madre. Si battevano tra il clamore di frecce, spade e lance, tra grida di incitamento e urla di dolore straziante. Vedeva gli uomini lottare e mordersi come bestie, quando ormai le loro spade erano cadute tra il fango e il sangue, quando le ultime forze stavano venendo meno e si tirava avanti quella sciocca guerra sol per il desiderio di tornare a casa presto e vivi. E lì, più alta di tutte, una stella luminosa, forse un occhio di qualche dio che guardava in basso, monitorando ma non intervenendo nel destino di quegli umani che, sciocchi, si trucidavano a vicenda non consapevoli di essere uguali gli uni con gli altri, lottando per la sete di potere di infimi comandanti, che non si curavano di perdere uno o duemila di loro. Una battaglia senza fine che tagliava le nuvole come i pugnali tagliavano la carne, come le urla straziavano il cielo. E alla fine il vento e poi la pioggia, a portar via l’odore dei morti, a purificare la terra dal sangue, dal vomito di coloro che avevano alzato la testa sulla realtà di ciò che stava accadendo, e che non avevano potuto far altro, appena visto gorgogliare il primo fiotto di sangue dal primo uomo da loro ucciso, che girarsi in un angolo a vomitare acido e disperazione, ma anche rassegnazione per un mono che andava avanti per il volere di uomini assetati di sangue e gloria, ma che avevano incubi la notte colmi dei volti e dei lamenti di tutte le donne e i bambini che avevano massacrato tra le fiamme dei villaggi invasi. Un mondo che non avrebbe mai trovato pace, fino a che le spade non avrebbero cessato di tagliare teste. Un mondo che aveva bisogno di essere purificato dal male, e che non trovava nei suoi abitanti la forza di ribellarsi ai capi che guidavano gli uomini come burattini assassini sulla scena di un macabro teatro.”

                                                                    -R

martedì 20 ottobre 2015

“Che la tua libertà non è la tua solitudine. ”

“Corri. 
Valla a prendere, dille che non basta.
Che non basta esistere, serve vivere. 
Arriva senza fiato, incazzato, disperato. 
Corri ragazzo. 
Strappa un fiore, il primo che cogli. Sarà comunque il più bello. 
'Che la bellezza di un fiore sta nel fine di esso. 
Arriva un attimo prima che esca. 
Prendila per i fianchi, dille che non funzioni più. 
Che la tua libertà non è la tua solitudine. 
Corri ragazzo. 
Sentiti bambino, mostra le tue debolezze. 
Guardala negli occhi, guardala a lungo. 
Soffermati sul suo collo. 
Su come si appoggia la sciarpa su esso. 
Segui la linea dei fianchi, accarezzala con lo sguardo. 
Sentiti nudo, spogliala lentamente. 
Corri ragazzo che l'orgoglio non è forza. 
Corri e dille che l'ami. 
Che non vuoi perderla perché significherebbe perdere. 
Corri ragazzo che il tempo passa e lei no. 
Diglielo ragazzo. 
Corri che potesse essere l'ultima volta. 
Corri che hai bisogno di ricominciare. 
Corri e non pentirti, non per lei. 
Corri e riprenditela ragazzo, dammi retta. 
Corri e non essere vigliacco. 
Sii uomo. 
Il suo uomo.”


-S.

lunedì 19 ottobre 2015

Ultime volte

L'ultima volta, ricordo aveva la sigaretta in bocca mentre sussurrava piano.
"Ci vediamo presto."
Quella frase scivolò via come il fumo.
Si lasciò andare in un turbinio di correnti e venne portata altrove.
L'ultima volta, in quel pomeriggio lieve, pianse con me dicendo di non volermi perdere.
E poi successe qualcosa. Si persero le lacrime sul fazzoletto e ci perdemmo anche noi.
L'ultima volta, quando mi baciò, mi spogliò l'anima da ogni tormento.
L'ultima volta che l'ho guardata sentivo corrermi addosso gli stessi brividi della prima.
L'ultima volta, quando l'ho salutata, pioveva.
Pioveva forte fuori.
Pioveva forte dentro.
Sono così strane le 'ultime volte'.
Si vestono di una così bella e soave nostalgia, una melanconica melodia.
Un ricordo, talvolta lieve, talvolta rumoroso.
Così differenti dalle prime.
Piene di imbarazzo e innocente curiosità.
Le prime volte portano un desiderio.
Le ultime, lo eliminano.
L'ultima volta, proprio quel giorno, mai avrei immaginato di amarti. E la prima volta, in quel mese là, mai avrei creduto che avrei fatto dopo i conti con la paura di perderti.
E dopo la tua ultima volta, io rivolevo la prima.
E tu non c'eri.

                            -MH

domenica 18 ottobre 2015

Sarà la domenica, forse

Son strane quelle giornate così, quelle in cui ti alzi e c'è il grigio in cielo, il vento che spettina gl'alberi e fa rotolare le prime foglie secche per strada. Quando ti svegli e non sai il perché, ma il letto è più freddo del solito, il pigiama un po' più scomodo e il risveglio un po' più stanco. 'Che non sai se il grigio sta fuori o ce l'hai dentro.
Però forse non è poi cosi, forse è la malinconia della domenica, di questo giorno diverso, di riposo per molti ma non per tutti, di passeggiate sulla riva del lago o in un centro commerciale, perché quella maglia a colori gli sta di certo a pennello e io gliela vorrei comprare. Però non posso, non potrei dargliela, in effetti no, non lo vedo più. Quel paio di scarpe starebbero bene a me quindi si, allora compro queste, mi faccio un regalo perché in fondo la domenica è bello comprare regali, è quasi un giorno di festa. 'Che però spesso non la passi con chi vuoi, no, allora diventa un giorno come un altro, un giorno spento e allora arriva il grigio fuori e dentro, e poi quand'è cosi come la colori la stanza, il cielo, te stessa, tutto intorno. Come glielo dici agli altri che il grigio non ti piace, che vuoi l'arcobaleno ma tanto loro non ti sentono. Come glielo dici che tu la maglia gliela compreresti pure però vorresti anche quel paio di scarpe, ed è un casino quando sei indeciso tra due felicità, la tua o la sua, 'che tanto lo sai dall'inizio che sceglieresti sempre, sempre la sua perché così si accende anche la tua, di felicità. Ma sì, sarà la malinconia di questa domenica, sarà che fa più freddo ora, sarà che non c'è niente da fare,sarà che anche tra la folla del centro commerciale manca una mano da stringere forte.

                                 -Rebecca

sabato 17 ottobre 2015

Chissà

«Chissà se mi accetterai con tutte le mie paranoie. Chissà se ti farò impazzire anche con i capelli colorati o con i dilatatori alle orecchie. Chissà se per te sarò sempre la ragazza raffinata con lo sguardo altezzoso. Chissà se al mattino mi penserai e ti spunterà il sorriso ricordando qualche parola strana che ho detto o qualche pensiero contorto di cui ti ho reso partecipe. Chissà se ti andrà bene stare con me quando sono triste e non dico una parola. Chissà se sarai felice quando ti chiederò di andare in montagna a camminare per ore e ore solo per vedere una stella alpina o un tramonto. Chissà se i miei film ti piaceranno e avrai le mie stesse sensazioni. Chissà se accetterai una ragazza diversa dalle altre che ama giocare,ascoltare la musica sdraiata a testa in giù sul lettone,andare a fare shopping comprando solo in determinati negozi. Chissà se il mio naso che si arriccia o le mie mani in continuo movimento ti faranno ridere o le considererai da ragazzina. Chissà se ti piacerà leggere le poesie mentre stiamo su un prato. Chissà se ti andrà bene tenermi per mano. Chissà se mi abbraccerai quando sto male o quando mi sento terribilmente sola. Chissà se mi capirai al massimo e mi apprezzerai a dovere. Chissà se ti andrò bene così. Se amerai più i miei difetti dei pregi. Se la notte li passerai in rassegna e ti sopraggiungerà un'immagine di noi ogni volta che chiudi gli occhi. Chissà se mi sognerai. Chissà se sognerai un futuro insieme a noi,con dei figli,un cane e magari qualche giornata al mare o in montagna. Chissà se trangugerai le mie lasagne poco cotte o le mie verdure senza sale. Chissà se mi porterai al cinema o a cena fuori e non farai altro che dirmi che mangio poco e sono troppo magra. Chissà se mi prenderai in braccio e mi farai il solletico dopo avermi buttato sul letto. Chissà se mi farai giocare alla play tra le tue gambe e mi farai vincere apposta solo per vedermi urlare di gioia. Chissà se mi abbraccerai fino a farmi un pochino male. Mi abbraccerai così forte solo per farmi entrare un secondo dentro di te. Per farmi sentire amata. Per farmi capire che come me non c'è nessuno. Che ti basto così.  Che non mi cambieresti mai. Chissà se mi amerai come faccio io. Tutti i giorni. Tutto il giorno.»

                                 -Silvia