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venerdì 14 ottobre 2016

“Tramonto su mare.”

"Quando la vidi la prima volta era sottile. 
Troppo piccola nella sua felpa, per giustificare le mancanze. 
Non aveva quasi niente.
Le gambe erano nude, e si perdevano sullo sfondo di un qualsivoglia posto. 
Le mani fare capolino e il collo coperto dalle loro premure. 
Quando la vidi la prima volta pensai che si fermasse tutto e che, in fin dei conti, pesasse quanto un attimo. 
Quando la vidi la prima volta divenne la misura funzionante. Il meccanismo universale in una serie di ingranaggi che non ne hanno mai voluto sapere niente di logiche razionali. 
E mi ricordo la leggerezza di quello sguardo e come me lo pose addosso, quasi fosse un lenzuolo. 
Quando la vidi la prima volta neanche le parlai, ma ricordo che la sentii in fondo al cuore. 
Lo accarezzava nell'angolino dimenticato, tra le pieghe impensabili di momenti che pensi di aver perso. 
Quando la vidi la prima volta non sapevo chi fosse e neanche volevo scoprirlo perché non volevo crepare minimamente quel tempo che era stato solo nostro. 
Le informazioni, le voci, i "so, ma non voglio saperlo"..hanno sempre imbrattato i volti. 
Lei volevo che restasse immacolata, vergine come appena colta da un gruppo marmoreo che ti impregna le mani di polvere e la respiri e ti manca il fiato. 
Quando la vidi la prima volta la persi fino a dimenticarla, ritrovandola ogni tanto sotto a qualche pensiero fuggevole di notti insonni alla ricerca di "perché?". 
E quando la vidi nuovamente, già non era più la prima. 
Ed era diversa, più vicina.
Meno colpevole di essere debole. 
Ma era sempre la prima volta, tutte le successive. 
Quando la vidi la prima volta avevamo cominciato a credere che il mare fosse un bel posto, e il cielo non troppo infinito. 
Era tutto un grande mondo da poter mettere a soqquadro. 
E cercare di sistemarlo, era il nostro modo di amarlo. 
Quando la vidi la prima volta era con le sue mani sotto agli occhi, perché tirava vento e si copriva le guance. 
La sua innocenza stretta tra le mie braccia. 
E la protezione che si deve all'ingenuità. 
Quando la vidi la prima volta le stelle avevano un filo che le teneva, accorciando le distanze e la luna la guardavi col naso all'insù fermandoti in mezzo alla strada. 
E le giornate scandite da continui respiri mancati e sospiri appesi a qualche nuvola, quando il cielo aveva paura d'essere nudo. 
Quando la vidi la prima volta suonava sempre il pianoforte. La musica seguiva i battiti del cuore. 
I divani che mai ho rifatto, le sigarette e tutti quei pacchetti di tabacco. 
Quando la vidi la prima volta le tenevo la mano per farla addormentare e non era mai troppo grande per imparare. 
Aveva una buona armonia nel fondere i suoi contorni con i miei. E non avevo problemi a non trovare alcuni margini. 
Quando la vidi la prima volta, che forse non lo era già da un po', ubriacarsi solo di risate. 
La bottiglia tra le mani e la voglia di respirarsi addosso pagine di storia mai lette. 
Quando la vidi la prima volta era fare l'amore per strada, correndo chissà dove per fermarsi senza un motivo. 
Erano le improvvisate a renderci felici. 
Era un gioco idiota in cui non si vedeva nient'altro ed era tremendamente bello non essere da nessun'altra parte. 
Non seppi mai dove mi trovavo, ma c'era il suo profumo. 
E la voglia di aspettarla sveglia, quando le ore scivolano dal tuo sonno. 
Non essere presente quando sembrava nascondersi dietro ad angoli reconditi di memorie celate. 
Ho maledetto quegli spigoli. 
Ma ne ho amato comunque i contrasti. 
Quando la vidi la prima volta, forse dovrei smetterla di pensarci. 
Quando..
Quando la vidi la prima volta. 
Quando la vidi la prima volta, mi portò via tutte le parole che non ho più detto."


-MH


venerdì 23 settembre 2016

“Ricordando baci infranti”

Quando te ne sei andata, non avevo capito dove. 
Ho speso giorni a chiedermi se ci fosse un posto, un luogo, migliore. 
Non ho mai avuto bisogno di pensare che ci fosse qualcosa di altamente meglio rispetto a noi due. 
Ho sempre creduto che oltre, non ci fosse niente. 
La tua voce, la mia. 
Le tue mani, il mio modo di prenderle. 
I baci la sera, il bagno tardi. 
Il tappeto completamente sfatto e il divano ricoperto dai miei fogli, dalle tue risate, dal mare, il vento e l'estate. 
Quella che doveva venire. 
E tu sei andata via. 
Quando, forse prima che fosse vero. 
Ma io l'ho visto solo in quel momento.
È tutto questo silenzio. 
È tutto quello che mi resta.
Quando te ne sei andata ho smesso di fare tante cose.
Di provare ad andare dove mi avevi promesso. 
Nessun problema, forse non mi sarebbero mai piaciuti. 
E le persone sono sempre perfette. 
Sanno tutto, l'hanno già visto. 
Te ne parlano e rimane uno studio scientifico ancora da terminare. 
E verrà lasciato in un cassetto. 
Lo stesso dei nostri sogni, quello che tu hai rotto.
A volte mi piacerebbe non sapere niente. 
Camminare e imparare che in quell'angolo laggiù posso prenderti un fiore piccolo. 
Non so come si chiami.
Non so nemmeno se ci sia.
Ma so che ti piacerebbe essere svegliata così.
E mi piacerebbe che in giro le mani si possano stringere e poi lanciare per aria.
Senza paura che te la prenda, che sfiorisca. 
E i baci non andrebbero mischiati alle parole.
Si diventa dipendenti da certe cose.
Baciarsi tutte le volte che si ha voglia di stare in silenzio. 
Tanto non bisogna dirsi altro. 
Quando te ne sei andata ho rinunciato a cercare qualcuno che non sapesse niente. 
Tu non sapevi niente.
Io non sapevo niente. 
Io correvo sempre contro tutti gli attimi che mi erano stati tolti.
Tu cercavi di darmene alcuni dei tuoi. 
E quando te ne sei andata è ricominciato questo grande girotondo intorno ad un mondo che era completamente crollato. 
E allora niente girotondo. 
E allora tante cose da raccogliere.
Tante storie.
Prendi le tue, le mie le aggiusterò.
Ritaglia i momenti in cui eravamo insieme.
Togli la mia faccia, toglila da quel giorno.
Le foto strappale. 
Le lettere rileggile se vuoi, o regalale. 
Lanciale in faccia al vento.
Mandale vie, allontana anche quello da ciò che è stato. 
E quando te ne sei andata io non ho distrutto niente. 
Tutto è rimasto al suo posto.
Le mie paure sempre sotto al petto. 
La tua voglia di addormentarle manca da un po'. 
I calzini sempre nel secondo cassetto. 
Io nella parte destra del letto. 
E ti aspetto. 
Prima o poi avrai sonno. 
Quando sei andata via ho avuto sempre meno voglia di dormire. 
Saresti potuta arrivare in qualsiasi momento, sarei stata pronta. 
Il tempo l'avrei corrotto io. 
L'avrei contato per te. 
Una volta non mi serviva arrivare nemmeno al tre. 
Adesso è un po' che manchi tu. 
Che manco io. 
Ma poco importa, me la sbrigherò. 
Ogni tanto cado e ti penso un po'. 
Ogni giorno mi dico che poi la smetto. 
E mi ritrovo la sera a dirlo per quello che verrà. 
Risulta tremendamente patetico. 
Un bel quadro con cui mettersi alla prova. 
E ripetersi che ogni volta sarà l'ultima. 
In cui lo guarderai o anche solo ne avrai desiderio. 
Quando te ne sei andata ho sperato che avessi il meglio dalla vita. 
Oggi spero sempre di averne fatto parte per un po'.

-MH 


sabato 16 luglio 2016

“Breve introduzione alla conquista dell'anima.”

“Raccontami le tue giornate.
Le mani che hai stretto.
Le unghie che hai mangiato.
Raccontami delle coppie felici e di come si baciavano. 
Di quanto non avessero capito niente. 
Di quanto non si conoscessero perché lui la baciava maliziosamente.
Colpa delle sue mani e dei tuoi occhi sempre troppo attenti. 
Raccontami dell'amore che odi tanto.
Dimmi quanto ti ha fatto male. 
Raccontami dei dettagli.
Delle pieghe dei vestiti e delle linee delle mani.
Parlami degli occhi della gente. 
Senza espressione. 
Senza un luogo.
Dimmi che non ti piacciono più, non hanno niente da raccontare. 
Ricordami che non ti fidi di me. 
'Che per un passo avanti, ne farai due indietro. 
Sbattimi in faccia che ti hanno ferita. 
Dai la colpa a loro per questa tua diffidenza. 
Ma tu parlami.
Raccontami delle lune storte sotto una pioggia di stelle cadenti. 
Dimmi che hai finito i soldi e che adesso, proprio adesso, avresti voglia di una sigaretta. 
'Che hai bisogno di venti sigarette quando ti infastidisce il mondo. 
Raccontami dei 'no' che ti hanno fatta incazzare. 
Dei 'sì' che avresti preferito evitare. 
Parlami di arte e di letteratura.
Prenditela con Dante, con Virgilio.
Prenditela con Kierkegaard e Platone.
Prenditela con Chagall e Schiele. 
'Che è tutta colpa loro se uno sogna un po' più in alto. 
Poi dimmi che li ami follemente.
E facci l'amore davanti a me, parlandomi. 
Leggimi le tue poesie e dipingi quando ti sono a un respiro. 
Bagnami il foglio e guardami sospirare. 
Non ti direi niente.
Andrebbe bene una grande macchia sul lavoro di una vita.
Basta che quella macchia sia tu.”

-MH


lunedì 13 giugno 2016

“A te.”

"Ti auguro di essere la prima scelta di qualcuno. 
L'eccezione che confermerà la sua regola.
Quella che si porta dietro da un po'.
Quella che tutti ci portiamo sotto al cuore.
Ti auguro due occhi nei quali rimanere incastrata per tutto lo scorrere del tempo. 
Quanto poi, ti auguro di essere libera di sceglierlo. 
Ti auguro sempre quei due occhi che sappiano controllare la tua rabbia latente contro un mondo dove proprio non riesci ad ambientarti. 
Ti auguro di saper tornare dove hai lasciato qualche pezzo del tuo sorriso. 
Quello che hai lentamente perso, e che hai bisogno di riprenderti. 
Ti auguro di sentirti a casa in un paio di braccia in cui rimane sempre il tuo odore. 
Ti auguro di trovarle ad aspettarti ad ogni tuo ritorno, per quanto sia necessario attenderti. 
Ti auguro di stringere tante mani, di ricordarne le sensazioni e di strofinartele sul viso, per tenerne una parte sotto allo sguardo. 
Ti auguro di viaggiare anche restando ad occhi chiusi sul tappeto. 
Ti auguro serate da dimenticare, per capire quando sia il caso di smetterla di essere testardi. 
Ti auguro giornate di pioggia e lunghi silenzi a contare le gocce che scivolano sul vetro del tuo salone. 
Ti auguro un buon libro, in cui trovare delle linee da seguire o delle frasi che siano un po' tue. 
Un po' mie.
Un po' di chi se le sente addosso. 
Ti auguro mostre d'arte con chi ti fa sentire tale ogni giorno. 
Che posi i suoi occhi su di te e che si meravigli ogni volta. 
Scoprendo sempre di più le tue sfumature ed imparando a dipingere con esse. 
Ti auguro tramonti su mari mai visti, da accarezzare con chi intreccia le sue mani con le tue. 
Ti auguro di andare in montagna e camminare senza alcuna meta, solo con la curiosità di vedere cosa ci sia oltre. 
Ti auguro di ricevere tanti fiori, di coglierli agli angoli di strade in cui passerai forse una volta e basta. 
Di diventare quello preferito di chi ti amerà fino a colmare i tuoi orli. 
Ti auguro tanti posti di cui parlare ad ogni ritorno, con gli occhi profumati e i fiumi di parole.
Ti auguro un bambino innocente, con un bel nome. 
Leggero alla pronuncia. 
Uno di quelli col sorriso anche nei lineamenti.
'Che ti accendono l'anima i bambini. 
Ti auguro di ricordarti, in qualche modo, anche di me. 
Nelle mie perplessità e nelle mie stranezze.
Non per qualcosa di palesemente ordinario. 
Ti auguro di ritrovarmi in fenomeni astratti o in attimi insensati delle tue giornate. 
Di pensarmi sorridente, senza alcuna pretesa. 
Ti auguro di trovarti e di sentirti esattamente nel momento opportuno. 
Ti auguro il meglio."


-MH.


martedì 10 maggio 2016

Plotone

“Un ultimo bacio. 
Un ultimo bacio prima che tu vada via.
Uno per ricordarti che puoi sempre tornare, magari restare. 
Un ultimo bacio in punta di piedi, in equilibrio tra attimi acrobatici.
Uno per la sigaretta che mi accompagnerà dopo, quando non ci sarai. 
Uno per le coperte fin sopra i magoni notturni. 
Uno per le strette allo stomaco che vestiranno i tuoi pensieri. 
Un ultimo bacio, dopo l'ultimo ballo delle nostre dita intrecciate. 
Un ultimo bacio per non confonderci più. 
Uno per distinguere la mia schiena dal tuo profumo. 
Uno per non incastrare le tue paure sotto al mio letto.
Un ultimo bacio per tutte le mani che vedrai.
Uno per tutte le bocche che saranno curiose di saperti. 
Un ultimo bacio per le galassie dei tuoi pensieri. 
Uno per le serate senza freni, sperando tu rida come non dovessi svegliarti domani. 
Uno per i fili logici con cui non hai mai saputo cucire. 
Un ultimo bacio per i pennelli con cui davi ordine al tuo battuto cardiaco. 
Uno per i giardini che ti vedranno disegnare poesie. 
Un ultimo bacio per vederti sorridere nei miei occhi. 
Uno per le labbra che non si morderanno, ma continueranno a cercarsi.
Un ultimo bacio per i desideri mai realizzati. 
Uno per poterti guardare, seduta in silenzio, senza muovere parole. 
Un ultimo bacio per un caffè amaro appena ti volterai.
Un ultimo bacio per cucirti ancora un pezzo di me tra le tue insicurezze. 
Un ultimo bacio per dimostrarti che tutti i luoghi del mondo li puoi trovare tra le mie braccia.
Uno per non mandarti via.
Uno per mancarti abbastanza da farti tornare.
Un ultimo bacio amore.”

-MH


venerdì 1 aprile 2016

“Innocenza rubata.”

E come lo spieghi ad un bambino?
E come lo spieghi ad un bambino che mamma non tornerà?
Come gli spieghi che suo padre, quello che vede come un eroe, giace aspettando la sua sorte in un letto d'ospedale?
Come gli spieghi che al parco non ci dovrebbero essere boati, ma risate innocenti?
E come gli spieghi che un kamikaze ha deciso di portar via mamma, proprio la sua. 
Con che coraggio gli riferisci che non ci sarà un altro gelato insieme, quando il sole bacerà rovente le teste?
E ad un bambino, come lo spieghi che i fiori vanno colti con mano delicata, non estirpati da un esplosione?
Come gli dici che ad altri "è andata bene."
Non aver la presunzione di non fargli chiedere: "e a me?"
E a lui, con che coraggio togli la mamma?
Come spieghi ad un bambino che la morte è bastarda, arriva col frastuono e se ne va lasciando silenzio.
Come gli farai amare il silenzio?
E come lo spieghi ad un bambino che la guerra esiste e non guarda in faccia nessuno? 
Che per egoismo, siamo disposti ad uccidere chiunque si trovi sul nostro sentiero. 
'Che ci dimentichiamo d'essere umani.
E come lo spieghi ad un bambino che "Allah è grande", ma non si preoccupa di chi è piccolo?
E non farlo sentire piccolo.
'Che poi vivrà nella paura. 
'Che poi l'attimo dopo la fine sarà un suono fastidioso della sua vita. 
'Che l'esplosione ha fatto tremare le certezze fino a demolirle. 
'Che basta un attimo per cancellare un'esistenza intera.
E come lo spieghi ad un bambino che con i brutti sogni dovrà combattere da solo.
Come gli dici che papà non abbatterà nessun drago e che mamma non controllerà più sotto il letto.
Ad un bambino come lo spieghi che alcuni ti vietano di sognare, di volare alto per spingerti a strisciare sotto terra?
Come gli spieghi che le domeniche al mare i castelli di sabbia verranno sbilenchi, con nessuno pronto a sorreggere quella torretta, quella piccola e incerta. 
Come lui che è solo un bambino.
Come lo spieghi all'innocenza che esiste anche l'indecenza?
E speri sempre che lui, proprio il tuo bambino, sia quello che farà la differenza.
'Che nella vita farà ciò che gli incresperà il viso di gioia.
'Che sarà fiero d'essere uomo o donna.
'Che occuperà il suo posto nel mondo.
Come gli spieghi che anche nella disperazione, l'amore ti salva. 
Ad un bambino come spieghi che bisogna essere forti, come papà.
'Che bisogna essere leggeri, come mamma.
E ad un bambino, come lo spieghi che alcuni pretendono di definirti in un tempo determinato. 
'Che si giocano ai dadi le tue sorti. 
'Che non vali nulla, sei un numero da sbarrare. 
E come lo spieghi ad un bambino che le stelle più belle stanno in cielo, se lui vorrebbe abbracciare la sua ogni mattina prima di svegliarsi davvero?
Come lo spieghi ad un bambino che, nel bene e nel male, ci saranno altre mani che lo sosterranno?
Ad un bambino con che coraggio fai conoscere la morte, togliendogli la possibilità di vedere la vita?!”


-MH.



mercoledì 30 marzo 2016

Un bacio sul cuore

Io pensavo che dopo un po' che li aspetti i treni arrivano. Che se è buio la luce torna prima o poi. Io pensavo che quegli occhi verde chiaro l'avrei guardati sempre, che la sua risata avrebbe risuonato sempre nelle mie orecchie, ma ora ne sento solo una debole eco, pensavo che quei capelli li avrei scompigliati fino a farlo arrivare all'esasperazione e che poi avremmo fatto l'amore nel piu profondo e disperato dei modi, che solo noi conoscevamo. Ci eravamo promessi un sacco di cose ma poi si sa che certe promesse non durano poi tanto, che ci vuole poco per distruggere tutto, che magari la colpa è un po' tua e un po' mia, non solo tua, non solo mia. Ci eravamo fatti tanti piani, caduti giù ad uno ad uno, come mattoncini di un muro ormai franato. Che io non son capace di ricostruirlo, che verrebbe su come me, troppo debole o troppo instabile. Pensaci tu, che hai le braccia e le spalle forti, tiralo su il muro, ma non un muro che ci divida, un muro che ci circondi e che ci tenga sempre piu vicini. Tiralo su il muro, che il non ci riesco. Posso sentirla fin nelle ossa la tua risata, posso vederli al sole quegli occhi, posso sentile quelle mani, toccare quelle labbra, baciarti il cuore. Ma, piu di tutto, sei disposto a dare un bacio al mio, di cuore?
 

                     -R

venerdì 26 febbraio 2016

“Voglio che tu sappia...”

“Voglio che tu sappia che la mattina mi alzo sempre tardi.
Che il caffè ha sempre troppo zucchero.
Che le coperte stanno sempre aggrovigliate al fondo del letto.
Che gli occhi hanno sempre quell'aria stanca e sul viso ho ancora il segno del cuscino. 
Voglio che tu sappia che fumo sempre troppo.
Il tabacco è sempre lo stesso.
Ho bisogno di emozioni forti, fumo Marlboro rosso. 
Che forse berrò troppo caffè e poi mi brucerà lo stomaco.
Voglio che tu sappia che le magliette sono sempre troppo grandi e le felpe hanno sempre il tuo profumo. 
Che le scarpe non ti piaceranno mai e che le camicie saranno sempre infilate nei jeans.
Voglio che tu sappia che forse scriverò. 
O magari domani, oggi disegno. 
Che andrò al mare, sulla sabbia. 
E starò in silenzio ad ascoltarlo. 
Ad ascoltarmi. 
Voglio che tu sappia che non risponderò mai alla prima chiamata.
Che spererò comunque di vedere un tuo messaggio, magari con qualcosa di bello scritto.
Voglio che tu sappia che di calcio non ne capirò mai niente. 
Che in piscina ti accompagnerò tutte le volte che vorrai.
Che la serie A puoi vederla anche con me e, prometto, non cercherò di distrarti.
Voglio che tu sappia che le lettere hanno tutt'altro profumo quando portano la tua grafia. 
Che le frasi dei libri hanno sempre un tuo dettaglio impigliato tra le parole. 
Che le canzoni sono diventate sempre le stesse. 
Voglio che tu sappia che non saprò mai cucinare. 
Che la spesa non sarò in grado di farla, ma se mi fai la lista, posso anche riuscirci.
Che magari ti porto a cena fuori, sarebbe meglio.
Voglio che tu sappia che all'università puoi riuscire a spiccare. Senza la paura di non essere all'altezza. 
Che ti saprai far sentire e che li renderai vulnerabili. 
Voglio che tu sappia che sono fiera di te. 
Che non cambierei virgole, punti o esclamazioni. 
Che va bene anche se riempi tutti i silenzi del mondo. 
Che hai la tenacia giusta per chi vive sul serio. 
Voglio che tu sappia che magari l'arte non aveva senso. 
Che io te l'avrei spiegato, se l'avessi desiderato. 
Che tu eri un'artista, inconsapevolmente. 
Voglio che tu sappia che davanti ad un film piangerò sempre. 
Che ci sarà quella scena maledetta che scatenerà le tempeste. 
Che anche chi è stronzo, cade ogni tanto. 
Voglio che tu sappia che quando sono caduta ti ho vista vicino a me. 
Che mi guardavi come fosse successo il finimondo.
Come se tutto si fosse fermato per un secondo. 
Voglio che tu sappia che mi vestivo dei tuoi sguardi.
Che li indossavo bene, delicatamente.
Che poi li coloravi di baci. 
Ed era arte, immediatamente. 
Voglio che tu sappia che "noi" mi piacerà sempre come parola.
Che "così" mi stupirà per il suo significato e che parlerò sempre troppo di queste piccole futilità. 
Voglio che tu sappia che nei miei dettagli ci avevi poggiato le dita. 
Che sembrava suonassi il pianoforte, anche quando tutto taceva. 
Voglio che tu sappia che non esiste luogo in cui non ci riveda. 
Che forse in due avrebbe sicuramente avuto un altro senso. 
Che magari a tenersi la mano si avrebbe avuto meno timore.
Voglio che tu sappia che aver paura ci fa perdere in partenza.
Che se ti fidi, magari ci si trova. 
Che scegli tu e puoi vincerla.
Voglio che tu sappia che un po' alla volta si va avanti.
Che se non ci pensi, il tempo passa e che ti ritrovi a vivere da anni lo stesso sogno. 
E sei felice.
Voglio che tu sappia che la felicità non nuoce gravemente alla salute.
Che qualcuno ha voglia di prendersi cura di te. 
Che io prenderei volentieri il posto di "qualcuno."
Voglio che tu sappia che ogni istante, ogni ora ha la sfrontatezza del tuo carattere. 
Che risuonano le tue parole, anche nei consigli altrui. 
Voglio che tu sappia che "Amore e Psiche" sono stati scolpiti da Canova perché sicuramente anche lui era combattuto tra questo Sentimento e questa Ragione.
Non potendo scegliere, li fece baciare. 
Voglio che tu sappia che non ti ho mai scritto una poesia, ma ti ho portata in ogni mio scritto. 
Voglio che tu sappia che io sono qui.
Che sto qui.
Che spero che tu mi raggiunga.”

-MH


giovedì 25 febbraio 2016

“Hugo mi accarezza alle 03:00”

“Quella notte feci l'amore con la sua assenza.
La sentii tutta penetrare, lentamente, nelle ossa. 
Avevo perso il conto delle ore. 
Avevo perso l'orologio.
Scorreva lenta, soffermandosi su quelle parti del corpo che sempre avevo detestato. 
Si faceva sentire. 
Era capace di far tremare. 
Nessun piacere dettato dal dolore, solo nostalgia.
Fredda, tanto fredda. 
Non capivo.
Non riuscivo a capire cosa fosse successo, cosa fosse cambiato. 
Perché la sua assenza avesse preso il posto delle sue mani che avevano sempre dipinto quadri bellissimi su di me.
Riusciva a farmi sentire un'opera d'arte. 
Continuavo a pensare di essere miserabile.
Appartenente a quel fiume di volti senza identità. 
Ognuno con la propria solitudine o la consapevolezza di aver ceduto l'ultimo pezzo di sé. 
Era proprio l'ultimo. 
Hugo avrebbe fatto camminare le sue dita nell'incavo delle mie clavicole, evidenziando questa condizione. 
Schiele l'avrebbe dipinta con dovuta pietà. 
E Van Gogh, probabilmente, avrebbe accennato un sorriso di compassione, giusto per farti sentire meno solo. 
Quella notte feci l'amore con la paura di averla persa. 
Di dover fare i conti con ricordi lancinanti che avrebbero occupato ogni attimo del mio tempo. 
Non sono mai stata brava con gli avvenimenti improvvisi. 
Ma sapeva non smentirsi.
E così come sconvolse la mia vita di fronte al primo mare, ne sembrava voler uscire. 
Ricordo però che rimasi meravigliata delicatamente dal silenzio con cui mi fece, lentamente, sua. 
Non me ne accorsi. 
Piano piano, e poi la consapevolezza che fosse la certezza. 
Era lei quella delle sicurezze e delle protezioni. 
Io avevo sempre avuto paura. 
Ero sempre stata evasiva e ferita. 
E non sapevo. 
Non sapevo cosa fare, cosa dire, se mai ci fosse qualcosa di intelligente da dire. 
Ma mi mancava. 
Tremendamente.
Ed era amaro il sapore della solitudine.
Ed era freddo il mio corpo senza le sue mani. 
E quella notte mi ritrovai con la sua assenza.
E ci feci l'amore.”

-MH


lunedì 22 febbraio 2016

“Dietro di te c'è la Finlandia.”

Dietro di te c'è la Finlandia. 
Con tutti i suoi colori. 
Le sfumature chiare da addolcire anche i giorni scuri. 
Dietro di te c'è la Finlandia. 
Con la sua premurosa brezza fredda. 
Quella che ti penetra le ossa e ti fa arrossare il naso. 
E io continuerei a tirarti su la sciarpa. 
A farlo con delicatezza, non vorrei mai ti sciupassi.
'Che sei il mio fragile cristallo di neve tu. 
Dietro di te c'è la Finlandia. 
Con le vette irraggiungibili da farti bruciare le gambe. 
E tu che le avresti volute accarezzare tutte.
Ed io che fin lassù ti ci avrei accompagnata, l'importante era che la tua bocca restasse a portata di un bacio. 
Dietro di te c'è la Finlandia. 
E le corse sulla neve dove si cade ad ogni risata. 
E tu inciampavi ancor prima di ridere, con il bruciore del freddo che ti scorreva sul corpo. Forse sul collo, forse si insinuava più a fondo.
Ed era bello sapere che sapevi riscoprirti bambina, giocando per ore senza mai infastidirti. 
Dietro di te c'è la Finlandia. 
Con le sue tazze calde di the a riscaldarti anche i sospiri, i pensieri angoscianti. 
E tu che con quello alla menta ti prendevi cura del tuo cuore. 
Ed io che ti osservavo a lungo, e ti tiravo a me. Ed era come ricevere tutto il calore del mondo. Era come ristabilirsi ad ogni respiro che dedicavi al mio corpo. 
Dietro di te c'è la Finlandia. 
E non avrei saputo guardarla per prima, io che l'amavo così tanto. 
Ma tu eri lì e lei finiva dietro. 
Tu che nei suoi fiordi ci hai infilato le tue fossette storte. 
Ed io che li percorrevo a piedi perché significava baciarti. 
Tu che sorridendo, riuscivi ad addolcirne le vette, sempre così spigolose. 
Ed io che lanciavo loro un amorevole sguardo perché significava riempirmi.
Dietro di te c'è la Finlandia.
E tu lì davanti.
Ed io a rubarti dettagli a forza di guardarti.”

-MH 



venerdì 29 gennaio 2016

"Era bella?"

“Mi chiesero se fosse bella. 
Io non lo sapevo.
Non sapevo se potessi considerarla bella. 
Non riuscivo a guardarla con oggettività. 
'Che poi la bellezza non è mai oggettiva. 
«La bellezza sta nell'occhio di chi guarda.»
Ed era così.
Lei riempiva tutti i miei sguardi. 
Lei riusciva a disegnarmi tutti i miei sorrisi più belli. 
Non era di tutti.
Non era comprensibile per tutti. 
Io non sapevo se fosse bella. 
Ma ero certo che lei avrebbe fatto distrarre tutti da un'equazione di matematica. 
Ero sicuro che tra lei e un tramonto sul mare, tu saresti rimasto incastrato tra le fossette storte sulle sue guance.
E forse non era bella. 
Forse non era considerata dai canoni sociali. 
Era così tanto per essere ristretta a delle regole. 
Probabilmente lei non rientrava in niente di tutto ciò che convenzionalmente viene associato alla normalità. 
Tuttavia non potevi fare a meno di percepirla. 
Tra lei e un'opera d'arte, tu avresti esaminato le sfumature dei suoi sorrisi accennati. 
Ma non sapevo se fosse bella. 
Sapeva essere necessaria. 
Non mancante.
Questo lo sapevo. 
Ero sicuro che senza di lei, ci si sentisse difettosi. 
Ero certo che era la differenza nella mia vita. 
Una sorta di timida 'volta buona'. 
Lei era così: da togliere la necessità di respirare. 
Diventava naturale.
Mi chiesero se fosse bella, distogliendomi dal guardarla amorevolmente e in silenzio. 
Sospirai.
Alzai delicatamente i miei occhi da lei, li guardai e risposi che per me lo era, ma speravo lo fosse solo per me.
Speravo che nessuno arrivasse a comprenderla nel pieno della sua bellezza.
Speravo che fosse qualcosa concesso solo a me che pensavo fosse bella.
E lei non lo sapeva.
Inconsapevolmente era bella. 
Ed era la sua inconsapevolezza a renderla tale.”

-MH. 


sabato 16 gennaio 2016

“Ti amo anche alle 11:00”

“È che quando sono le 11:00 ti amo un po' di più. 
Quando comincio a buttare giù i muri contro il mondo. 
Quando mi porti il caffè accompagnato da un fiore, uno per ogni mattina che ci svegliamo ad un millimetro di cuore.
Quando mi dici che è tardi. 
Che la giornata non ci aspetta.
Che il sole mi bacia sempre per primo quando apri le tende.
Quando mi togli velocemente le coperte e ti fermi. 
E mi guardi nuda affianco a te.
Stropicciata come le lenzuola. 
Ancora con gli occhi chiusi e le mani sul seno. 
Quando mi sorridi e ti butti addosso a me. 
E sono bellissima anche da appena sveglia con te addosso. 
In quel momento lo sono per davvero.
Quando mi baci e mi tiri su. 
E cominci a dire tremila cose senza senso.
Sono ancora le 11:00.
Ma quando sono le 11:00 io ti amo un po' di più. 
Quando lentamente mi ricordo che anche oggi ci sarai tu. 
Quando il mondo può fottersi, tu sei lì. 
E non ci sono distanze, e non ci sono chilometri. 
Tu sei lì: ad un respiro. 
Ad un sospiro. 
Quando mi vesti un po' tu, stringendomi più forte. 
Ancora un po', dai.
E ci restiamo per un po'. 
Per tanto o poco tempo non lo so.
Noi ci restiamo, così: abbracciate. 
A pensare, a morire, a stare. 
E quando sono le 11:00 ti amo sempre un po' di più. 
Un po' perché mi sveglio, un po' perché tu ti fai amare anche alle 07:00. 
E io non amo nessuno alle 07:00.
Forse alle 11:00. 
Tuttavia, se ci sei tu, alle 11:00 ti amo semplicemente di più.”

-MH. 

lunedì 4 gennaio 2016

“Non ho più scritto”

“Non ho più scritto. 
No, non l'ho più fatto. 
No, non ho più provato il terribile senso di smarrimento nel rendersi conto di aver finito un altro quaderno.
Un altro da aggiungere alle cose non dette. 
Non ne ho più comprato altri. 
Non ho più scritto.
Non ti ho più scritto. 
Non hai mai risposto, non era importante.
Per te non era importante, ma io scrivevo.
Scrivevo a te, a noi.
Riempivo gli spazi bianchi della mia esistenza con le nostre parole o con le mie mani sulla linea del tuo sorriso. 
Rompevo le righe e scrivevo. 
Scrivevo continuamente di quanto noi fossimo...noi. 
E poi non ho più scritto niente. 
Non puoi scrivere di qualcosa che non esiste, non puoi fingere di essere un insieme quando sei solo. 
Ed io ero solo...io. 
E quindi non ho più scritto.
Non ti ho più scritto che ti avrei voluta, anche se non ho smesso.
Non ti ho più scritto che ti avrei aspettata, anche se continuo a farlo.
Non ti ho più scritto che mi avresti trovata proprio lì, anche se ci vivo. 
Non ti ho più scritto che nei quadri ci vedevo le tue espressioni e che nei libri ci ritrovavo i tuoi occhi. 
Non ho più concluso niente.
Non ho più continuato. 
Non ho più sentito. 
Perdonami, mi avevi chiesto di andare avanti. 
Avrei scritto altre storie, mi sarei persa di nuovo.
Ho prevenuto, ho smesso di scrivere.
Non ce la farei con altre storie.
Non voglio insinuarmi tra altre membra. 
Non ho le forze per dipingere altri corpi.
Non ho più scritto.
Silenziosamente cessando d'esistere.”

-MH.